venerdì 26 gennaio 2001
   

   
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Romano Bocchi, radioamatore dell'Ari, con un'apparecchiatura
Lo afferma l'avvocato del reggiano denunciato dai vicini di casa
«Le onde dei radioamatori
non sono dannose per l'uomo»


Onde elettromagnetiche e impianti radio per radioamatori: sono insensati gli allarmismi dei vicini, come hanno dimostrato i controlli dell'Arpa in casa di un radioamatore reggiano. Lo afferma il presidente dell'Ari, associazione radioamatori italiani di Reggio, Paolo Prandi, portavoce degli oltre 100 radioamatori presenti sul territorio, e lo conferma l'avvocato Giulio Bottone, consigliere dell'Ari e radioamatore, che in quest'occasione tutela le ragioni del malcapitato di turno, contro le pretese del condominio in cui abita.
«Esiste una precisa normativa sulla determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibile con la salute umana, a opera del ministero dell'Ambiente d'intesa con i ministeri della Sanità e delle Comunicazioni - commenta l'avvocato Bottone - Dalle norme in vigore, si desume che i sistemi fissi di telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa tra 100 khz e 300 ghz, sono sottoposti all'efficacia di queste norme: pertanto è prevista la riduzione a conformità qualora i valori di radiofrequenza emessa verificati superino quelli massimi consentiti, a beneficio di limitare l'esposizione per la popolazione. Ben venga dunque l'opera di enti come l'Arpa per controllare le emissioni inquinanti. Ma voler ricomprendere nella normativa, che ha per oggetto l'inquinamento elettromagnetico, i radioamatori tout court è una distorsione forzata della legge. Anche il comune buon senso suggerisce che sia per il carattere saltuario dell'attività, poiché il radioamatore "ascolta" le trasmissioni da tutto il mondo e poi trasmette qualche frase ogni tanto, per un periodo ben al di sotto del tempo minimo (4 ore al giorno) di trasmissione continua previsto come limite, sia per le caratteristiche tecniche di apparati, antenne e frequenze utilizzate in base a norme specifiche che limitano, per esempio, a 300w la potenza massima di uscita del trasmettitore, la categoria non ha niente a che fare con le emissioni inquinanti. In pratica, ogni stazione di radioamatore munito di regolare licenza ministeriale e che operi in conformità alle norme sulle frequenze assegnate, emette - quando trasmette - radiazioni che sono circa 2.000 volte inferiori al minimo stabilito per legge. E non trasmette che pochi minuti al giorno, quando lo fa».
«Recentemente - aggiunge l'avvocato Bottone - è intervenuta una legge regionale che riguarda da vicino i radioamatori emiliani e dissipa ogni dubbio al riguardo: una legge del 31 ottobre 2000, infatti, conferma la non sottoposizione della categoria alle norme già in vigore e li rimanda a un apposito regolamento della Regione, che deve ancora vedere la luce. Quindi i condomini e i cittadini possono dormire sonni tranquilli, anche sotto le antenne dei radioamatori: i tecnici dell'Arpa non potranno in nessun caso registrare emissioni inquinanti, e comunque non esiste a tutt'oggi una normativa che fissi i tetti massimi di radiofrequenza per questa categoria».
E il presidente dell'Ari Prandi ribadisce: «Sta nello spirito stesso della categoria dei radioamatori, tra l'altro socialmente rilevanti per l'assistenza in materia di Protezione civile, dove rappresentano l'anello più forte delle comunicazioni, l'esenzione da queste norme. Il radioamatore è un dilettante che trasmette per pochi momenti, se e quando lo fa. Non lo si può paragonare a impianti industriali che irradiano 365 giorni all'anno, 24 ore su 24. E' stata anche nostra preoccupazione verificare la situazione e abbiamo constatato che una postazione di radioamatore come quelle che hanno i nostri soci nella provincia di Reggio, dal Po al Cusna, per i tempi tipici di un collegamento non genera campi elettromagnetici tali da creare preoccupazioni: tali campi sono ampiamente al di sotto dei limiti massimi».



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