I quattordici laghi glaciali di Lure ed un
solo pezzettino di ricotta
(Parte prima)
Martedi, 1 giugno 2010
Brum..
bruuum ….
Stakkete
(scalata in prima) …
Wooooooooom ….
Spraaff (pozzanghera)….
“Ma vaff..”
(io che impreco Paolo, che mi precede)..
Spraaff
(stessa pozzanghera, questa volta ci sono io) …
Tikkete..tikkete..tikkete…
(sassolini sotto il para-coppa di Paolo) …
Sboong (sassolone
smosso dalla sua millenaria sede)…
Sbaang
(sassolone di cui prima, ma sul mio casco)…
”Ohhhh”
(sempre io) ….
Szock…(silenzio
millesimale, camera che inquadra la ruota posteriore di Paolo) ..
clong.. clong…
clong.. clong.... clong... clong....clong.. clong.. clong...
Gulp
(ancora io)…
Mi affianco per essere sicuro che il rumore provenga dalla sua moto e non dalla
mia poi grido “Fermati,
fermati…..Paolo fermatiiiiii!! ”.
Paolo frena di colpo ed io pure.
La polvere
lentamente ricade per terra.
Silenzio tutt’attorno.
Lui tra il curioso ed il preoccupato, io tra l’apatico ed il saccente,
entrambi scrutiamo la sua ruota
alla ricerca di questo misterioso rumore.
“Aaargh “(urlo di spavento) – grido indicando un punto ben preciso della sua gomma;
“UAAARGH” (urlo di spavento e straziato)
- grida Paolo;
C’e’ un chiodo,di almeno 15 cm, piegato ad “U” e conficcato nella sua
gomma,che miracolosamente
estrae senza alcun danno.
E quasi lieto e gioioso, come quando siamo partecipi di una sventura scampata che pero’ ha riguardato gli altri, riprendo il cammino per questo semi-sconosciuto villaggio di Vleshe, sulle Alpi albanesi, alla ricerca di un monastero o forse solo di ruderi..chissa’
“Talino! Presta attenzione! E’ un segnale del Fato” – sussurra una
voce fuori campo – “cosi’ come lo sara’ quello in Armenia tra 2 mesi!”
Ma io,che non ne sapevo assolutamente nulla di
quell’improbabile viaggio, e soprattutto di segni del destino, percepisco il
tutto solo come un fioco “cip cip..cip”.
Nel frattempo nel calderone della mia vita
ribollivano e si rimescolavano, come in un sorteggio di lotteria, le
varie sciagure delle quali una, e solo una, era quella da indirizzare a me: la
quantita’ di disgrazie e’ infatti incontrovertibilmente prestabilita per
ogni uomo, ci rimane solamente l’aleatorieta’ della tipologia.
Ma in questo caso anche la tipologia era ormai manifesta: avevano solo sbagliato
il destinatario!
A Vleshe una capanna segna l’inizio del villaggio ed
un’altra la fine; nel mezzo solo un’irrequieto fiumiciattolo che scende dal
monte “e Barde” rumoreggiando come il Niagara prima di gettarsi nelle
omonime cascate.
Dalla capanna escono un paio di qeleshe bianchi (copricapo tipico albanese) ed una papalina
nera (di fede musulmana);
sotto uno dei due qeleshe, il piu’ sozzo, quasi grigio, c’e’ un simpatico
vecchietto col volto segnato da profonde rughe e ornato di due grosse orecchie a
sventola appiccicategli in maniera spiccia dal Grande Ingegnere.
In breve ha luogo un siparietto comico che lo vede protagonista: urla, ride,
mena schiaffoni a Paolo (meritandoseli, non ancora in quel momento ma di li a
qualche giorno), vantandosi, con mimica eccezionale, di essere stato l’unico a
metterlo in quel posto al defunto dittatore Enver Hoxha!
Anche un asinello esce dalla capanna e si avvicina con sguardo solidale: sembra
parlarmi, ma, piacevolmente interessato al siparietto, non gli presto la dovuta
attenzione.
E come un cilindro magico, dalla capanna esce un altro personaggio: sulla
quarantina, leggermente stempiato, barba incolta e denti a tastiera di
pianoforte, comprensivi di diesis che subito, educatamente, si presenta come un
ex-traghettatore di clandestini espulso dopo un soggiorno nelle italiche galere
e si dimostra gentilissimo
mostrandoci la sua fabbrichetta di formaggio feta e ricotta.
Nella capanna un tipo, che sembra il boss, robusto, con un giubbetto di pelle nera da killer, cordialissimo, ci mostra la lavorazione infilando di tanto in tanto le sue lercie manone ora nella feta, ora nella ricotta e ce le porge colme di orgoglio e di pregiata materia bianca.
Al primo assaggio ha un sapore strano: e’ l’effetto
psicologico delle mani nere!
Ma gia’ dal secondo il palato viene narcotizzato da un sapore cosi’ genuino
e delicato da farmelo paragonare al piacere che si prova praticando sesso senza
protezioni: bello ma pericoloso!
E la ricotta poi….ohh.. la ricotta, mai assaporata ambrosia cosi’ squisita!
Sento l’animo di colpo alleggerirsi, l’udito amplificare lo sciabordio del
ruscello e stranito mi allontano dai discorsi verso il mio iperuranio…
Del monastero, che dovrebbe trovarsi li, ovviamente nessuno ne sa nulla quindi, per nulla delusi, con lo stomaco almeno pieno decidiamo di ripartire alla volta dei laghi glaciali di Lure.
L’asinello di prima si gira ruminante e pare quasi
sussurrarmi “Miii- raccomandoooo, amiii-cooo miii-ooo ”.
Anche dal gregge si leva un corale “stammi beeeee-ne”
Satollo, non presto attenzione a quella stranezza, avendo
le energie quasi completamente impegnate nell’attivita’ digestiva.
Il parco nazionale di Lure e’, come la totalita’ dei
parchi albanesi, una zona montuosa quasi isolata non certo per volontà di
qualcuno;
Ci sono ben 14 laghi glaciali tra i 1300 e i 2112m slm. La strada per arrivarci e’ ovviamente una sterrata infernale, ma non
come lo sono tutte le strade secondarie albanesi, di piu’.
L’intensa attivita’ di disboscamento e il continuo traffico di mezzi pesanti
ha infatti finito per distruggere la gia’ precaria strada.
Dopo aver sudato
sette camicie tra sali-scendi, scendi e sali e nuovi sali-scendi di montagne,
gallerie di alberi frondosi e autostrade di fango, un centinaio di metri dopo
un’altopiano (gli altopiani, in genere,sono sinonimo di strada tranquilla e
fine asperita’, almeno cosi’ credevo) ecco che, dopo aver guidato oltre lo
stremo, su una semplice ma sabbiosa
curva, la moto prende il controllo di se , togliendolo a me, e si adagia su un
fianco: sono caduto, insomma ma non potevo scriverlo in maniera cosi’ babbea!
Paolo e’ un puntino lontano nel verde della prateria ed io, gia’ in piedi,
prima ancora di effettuare un check della strumentazione di bordo (testa-ok/
gambe-ok/ braccia-ok…) cerco disperatamente di rimettere in piedi la moto.
“Che non lo
venga a sapere nessuno, o la mia reputazione ne sara’ compromessa: sono
cascato mentre Paolo no! “
Mentre mi affatico con successo, un bruchetto sonnacchioso e’ li che mi
osserva e divertito mi dice:” Tali’,e’ questo il punto prestabilito, in
bocca al lupo!” e subito diventa farfalla e vola via.
Scioccato e incredulo riparto a tutto gas cercando di guadagnare terreno;
”Se faccio presto, non verra’ mai a saperlo. ”
A pochi metri da Paolo sento pero’ gli inequivocabili segni della sventura: ho
bucato la gomma posteriore!
Siamo a soli due km dal villaggio e qualcuno ci ha detto che la strada e’
molto brutta, cio’ significa che il
peggio e’ in quei due km!
Un flashback mi
balena.
Paolo:”Pronto
Tali’, come stai messo a ricambi? ”
Talino:
“Ciao Paolo,ho quasi tutto quello che puo’ servire:
regolatorepompacentralinacavigasfrizionemorsettitriccheeballache; ho anche
bombolette gonfia e ripara, pompa, bombolette CO2 e camere di scorta”
Paolo:” le camere le ho anch’io,e’ inutile che le portiamo
entrambi”
Talino:”ok, dividiamocele”
Paolo:”ok,
io porto quella posteriore e tu quella anteriore; ho anche un
compressore; allora ti saluto, ci vediamo a Bari per l’imbarco”
La vita e’ una
fitta rete stradale tracciata sul piano del tempo; ad ogni istante un bivio che
condurra’ a destinazioni lontane ed opposte: avrei potuto portare entrambe le
camere d’aria, ma ho preso il bivio sbagliato!
Cambiare una gomma
non e’ cosa difficile, dopo che si e’ presa dimestichezza con gli attrezzi;
ma avrei potuto usare il gonfia e ripara; con un po’ di fortuna in due minuti
avrei potuto riprendere il cammino; secondo bivio sbagliato!
Smontiamo in men che non si dica la ruota, la gomma e la camera.
Il sole ,ormai
stanco, aveva cominciato la sua discesa
sull’orizzonte gia da un pezzo e i suoi raggi cominciavano a disegnare lunghe
ombre sulla prateria.
Talino: “Paolo, tira
fuori la camera posteriore di scorta “
Paolo:” reggi qua….frrrrr……crik….strap…eccola qua! “
In cinque minuti la ruota e pronta.
Paolo:
“ Tali’ spetta mpoco che la gonfiamo col compressore. E’ novo novo,la
prima volta che lo uso. ”
Talino
“ apposto! “
Truuu..truuuu…truuuu……truuu……il
compressore rumoreggia, arieggia, riecheggia
nel prato e tra la santoreggia ma
non gonfia nemmeno una scorreggia!
Come accade nei migliori films americani, ecco Rambo sparare un missile dal
bazooka che poi getta via per prendere il mitragliatore doppio con missiletti a
controllo laser per poi passare in un decrescendo alla doppietta, alla pistola,
al coltello per arrivare infine
alla scazzottata.
Alla stessa maniera i nostri Rambo albanesi, con tempi piu’ biblici e tra un
mare di gioconde e fanciullesche risate
gettano via il compressore per passare alle bombolette di CO2 fino ad arrivare
al pompino manuale da bicicletta: ma la mia gomma e’ rimasta li, per terra,
sgonfia.
Ombre sempre piu’
lunghe riempivano la valle ma i nostri eroi non riuscivano a venire a capo di un
mistero in realtà tanto semplice: se la Sorte ti e’ avversa, anche la piu’
banale delle complicanze diviene una montagna insormontabile: Ulisse docet!
Alla fine Paolo prende in mano la situazione: “Tali’, carichiamo la ruota
sulla mia moto, arrivo al villaggio, trovo un gommista e te la riporto;
‘spetta qua “.
Dolente nello
stomaco per le troppe risate, imprimo nella mia memoria l’immagine di Paolo,
al galoppo, che sballotola veementemente la mia ruota fuggendo contrario al
sole.
Nella quiete di
quella prateria, per nulla spaventato, ozio su un sasso;
il cuore rallenta, i pensieri si placano e i suoni tutt’intorno si
amplificano.
Un cane, il cui
lungo pelo imporporato dai raggi tardivi balla allo stesso ritmo del prato, da
lontano mi fiuta sottovento e, furtivo, mi si avvicina girandomi prima intorno.
Cane: “ Ciao
Tali’”
Talino:”.…..”
***
FINE PRIMA PARTE
SECONDA PARTE
I quattordici
laghi glaciali di Lure ed un solo pezzettino di ricotta (Parte seconda)
Cane: “ Sorpreso,
vero? Non spaventarti! ”
Io:”mah….”
Cane:”Sei stato tu
a varcare la soglia del soprasensibile per primo; l’altra notte a Theth,
ricordi?
Io:” il
fantasma?”
Cane:” Gia’! Sei
riuscito a trovare quel punto di fuga prospettica che ti ha aperto la coscienza
a una percezione interiore… perche’ le forze chiuse della mente si forzano
solo con qualche eccesso”
Io:” ma di cosa
stai parlando? ”
Cane:” lo sai meglio di me”
Io: “la
sofferenza….”
Cane: “ gia! Avrai capito che non si puo’ vivere sempre nella fortuna e
nella felicita’; nella vita si attua una sorta di compensazione quando delle
persone si incontrano; ognuna cede all’altra quella parte di se che ha in
eccesso ed il risultato e’ la nascita di nuovi ii, nonche’
un’arricchimento della personalita’!
Io: “mi sembra
quasi un’implicazione filosofica del teorema di Bell;
Cane:” non conosco
teoremi, leggi e filosofie: i pensieri esistono gia’ tutti, insieme,
ogni tanto una mente illuminata riesce a coglierne qualcuno e tramutarlo in
parole.
Io: ” Trasformare
il sensibile in intelligibile, quanto e’ difficile!
Comunque a me pare di aver ceduto
solo fortuna e felicita’ e di aver ricevuto sofferenza e tristezza”
Cane:”
evidentemente era quello che ti mancava”
Io:” ma non ne
sono mica dispiaciuto, anzi.. mi piace l’idea di riuscire sempre a
risollevarmi, di essere capace di distillare anche un dolore in una sottilissima
gioia;
ma tu non parli come
un cane…”
Cane:” perche’,
hai mai sentito un cane parlare? I tuoi sono solo pregiudizi! E poi non sto
parlando: comunico per concetti, che tu guarnisci con tue parole illudendoti che
siano mie.
Io:” ma
cos’e’, questo, un progetto divino, qualcosa di superiore…”
Cane:” ancora nomi? La Mano, il Grande Ingegnere, Dio, Budda , Allah o come vuoi chiamarlo e’ solo una creazione della mente, in realtà quella cosa esiste a prescindere, e’ nelle cose in se; avete sempre posseduto l’idea o il senso di una forza che sfugge al controllo della ragione,ma che incide in maniera sostanziale nella vita”
Io:”forse sarebbe meglio chiamarla percezione.”
Cane: “..come ti pare, e’ solo un nome! I piu’, dopo averla creata ed
averle dato un nome, se ne sono resi schiavi; solo pochi sono abitati da una
percezione della divinita’ cosi intensa da non avere neppure bisogno di darle
un nome…”
Uno zoccolio si perde inizialmente tra le folate del vento
fino a quando , tra il profumo del sole al tramonto spunta lontano un cavallo
con un uomo in sella;
lento e svogliato si avvicina e di
colpo vola la mia mente al traffico mattutino,ai clacson che impazzano, al fare
nevrotico e al piede sempre sull’acceleratore e lo sguardo all’orologio:
guardando quel binomio tutto
quello mi sembra cosi senza senso e inutile, e mi volto sorridente verso il cane
per raccontargli quei miei
pensieri: ma non c’e’ piu’;
nel frattempo il cavallo si e’ avvicinato e l’uomo mi chiede, non saprei
dire come ma ci capivamo perfettamente, se ho bisogno di aiuto, se voglio saltar
su con lui fino al villaggio.
Gli spiego che e’ tutto ok, che c’e’ Paolo che sta gia’ provvedendo a me
(Paolo…tze!).
Lui sorride, saluta e prosegue.
Una breve e flebile brezza
smuove i suoni e le foglie intorno a me: sara’ l’alito di Dio? la morte?
una presenza estranea e immateriale che vuole farsi notare?
No! Apro gli occhi,
albeggia, sono in un letto sconosciuto e quel bischero di Paolo ha lasciato
aperta la porta per andare al cesso.
Nella semi
oscurita’ vedo pelli di pecora come coperta, vetusti ed autoritari ritratti di
improbabili nonni….
Poi il ricordo.
L’altro ieri sera Paolo e’ tornato a prendermi con un fuoristrada e carrello
al seguito;
abbiamo caricato li sopra la moto che, salita integra, e’ arrivata giu’ in
valle a pezzi!
Se i soccorsi non fossero arrivati adesso avrei sicuramente una moto intatta!
La mia ruota non era stata riparata: Paolo (nessun aggettivo, il fatto si
commenta da se) aveva portato come ricambio una camera d’aria gia’ forata!
Affidata la ruota forata ad un sedicente “esperto” gomisteri (gommista), con
esiti incerti ho riassemblato la
moto ma sempre lui, il mio amico Paolo, braccio maldestro di una sorte avversa,
cui ormai affido solo mansioni da ragazzo
di bottega, aveva lasciato trasportare dalla corrente il parastrappi della ruota mentre lo sciacquava nel fiume;
come se non bastasse
durante la salita ai laghi con dei ronzini albanesi (che Paolo aveva
insistentemente voluto, ma dopo i primi 100 metri aveva rinunciato), il mio
cerca di disarcionarmi dopo aver incastrato la sua zampa posteriore tra
i sassi di un fiume (notare la similitudine ruota posteriore-zoccolo posteriore…il destino se e’
destino non si cambia!);
In compenso abbiamo trascorso due giorni pienamente
in simbiosi con una famiglia tradizionale albanese,assaporandone
cibi, usanze e cultura:spaghetti per colazione, raki per dissetarci a
pranzo e agnello a cena!
Adesso, sulla strada verso Tirana, prossimi al termine di questa avventura, la
ruota e’ di nuovo a terra.
Sembra un dèjà-vu, il bivio della vita a cui accennavo prima;
ma adesso, stanco di farmi prendere in giro dalla Sorte, calmo ma determinato,
mi fermo, strappo il “gonfia e ripara” dalla sua sede e lo inietto nella mia
ruota;
la vita riparte a tutto gas come dopo un ingolfamento, un loop, un solco di un
vinile rovinato che ripete sempre la stessa parola,ma questa volta ho imboccato
il bivio giusto;
la mia strada si ricongiunge al bivio dove l’avevo lasciata e prosegue,
lucente, verso il futuro.